Come si distinguono gli oggetti dallo sfondo, come nel caso dell’immagine del vaso di Rubin, potrebbe dipendere dall’organizzazione del cervello e dai meccanismi di elaborazione degli stimoli di ciascuna persona
Nell’immagine del vaso di Rubin vedete prima il vaso o i due volti che si guardano? La risposta potrebbe dare un indizio su come il vostro cervello è organizzato per stabilire i confini degli oggetti distinguendoli dallo sfondo. A sostenerlo sono John Reynolds e Tom Franken del Salk Institute for Biological Studies (La Jolla, Stati Uniti), che hanno analizzato il modo in cui le aree del cervello preposte all’elaborazione degli stimoli dal mondo che ci circonda comunicano e costruiscono le immagini. Una scoperta che potrebbe aiutare a comprendere meglio anche alcune condizioni psichiatriche come la schizofrenia.
Il modo in cui il cervello organizza e genera una rappresentazione del mondo esterno è ancora oggi un mistero per i neuroscienziati. Si sa che ci sono neuroni nella corteccia cerebrale che “vedono” i bordi e altri che attribuiscono le “proprietà di confine” degli oggetti, ossia permettono di capire quale lato lungo il bordo appartiene a un oggetto distinguendolo dallo sfondo. Solo che non si sa bene quale sia il circuito che porta all’elaborazione delle proprietà di confine.
Proprio per far luce su questo processo Reynolds e Franken hanno effettuato una serie di esperimenti per registrare l’attività dei neuroni situati a diversi livelli della corteccia cerebrale di alcuni primati. Le analisi hanno portato i ricercatori a concludere che i neuroni che consentono il calcolo delle proprietà di confine sono organizzati in pile a orientamento verticale nella corteccia cerebrale, che l’elaborazione si fonda su meccanismi di feedback organizzati in modo sistematico e che i neuroni di una pila tendono a condividere la stessa preferenza per la proprietà di confine. Prendendo l’esempio dell’immagine del vaso di Rubin, alcune pile di neuroni preferiscono considerare l’oggetto in primo piano il vaso, altre i due volti.
L’architettura del cervello e come gli insiemi di neuroni comunicano tra loro collaborano a costruire la rappresentazione interna del mondo esterno, sostengono gli autori. Con questa scoperta, commenta Franken, “siamo in una posizione migliore per sviluppare strumenti diagnostici e trattamenti per i disturbi cerebrali, come la schizofrenia, in cui queste rappresentazioni interne sono distorte”. Le allucinazioni e i deliri associati alla schizofrenia potrebbero infatti essere associati alle interruzioni dei circuiti in cui circolano le informazioni.
Fonte: wired.it